Dialogando con Vincenzo Soravia
IL FUOCO NELLE LAGRIME DI SAN PIETRO
Le opere d’arte che hanno il fuoco, sono una parte di te che partorisci, opere vive, a differenza di altre che sono senza vita, prive di linfa vitale. La comunicazione fra due entità avviene se c’è un terzo elemento unificatore che non può essere se non il fuoco. Il cristianesimo ha detto da sempre che l’unione di due elementi è possibile solamente attraverso l’amore. Il segreto sta qui: ritrovare nell’uomo quella capacità di amare veramente, disinteressatamente. Questo amore si incunea nella sottilissima zona di confine fra l’imperscrutabile natura e la cultura in fieri; perchè li, puoi scoprire il fuoco che unisce, quella fiamma che nell’uomo è l’amore, il solo capace di destare il prodigioso potere unificatore dello spirito che nella trinità cristiana è lo Spirito Santo.
L’esecutore ha la preziosa opportunità di rivitalizzare la musica, di ridestare questa estasi in te attraverso il risveglio dei neumi assopiti sottoforma di inchiostro impresso sulle bianche pagine. L’evento musicale così ricreato deve essere il punto di arrivo di un qualcosa, dove tu finalmente, raggiunto quello stato estatico, sei pronto a trasmetterlo per mezzo dei suoni, dei respiri e dei silenzi. Ma, se non lo provi, non lo puoi nepuure trasmettere. Dell’interprete è questa la responsabilità maggiore se non l’unica.
E’ importantissimo ripristinare l’importanza della ricerca che si basa non esclusivamente su elementi fisici, ma che rivaluta una ricerca metafisica. Si tratta di trasmettere questo tuo bisogno interiore che il linguaggio verbale da solo non può esprimere. Quindi la capacità di rivalutare una realtà che è anche metafisica e comunicare su questo stesso piano, attraverso il linguaggio simbolico, quello artistico. Il simbolo non lo alimenti se non lo ami, se non metti in gioco quella componente emotiva, fatta di emozioni molto molto sottili. In tutto ciò avviene un processo molto particolare; come se tu, dallo stato molto elaborato della cultura fai una regressione allo stato di semplice natura, tornando a vivere in quella dimensione olistica, propria della natura.
Dobbiamo ripercorrere le varie arti e la loro fusione, traendo una sorta di linguaggio incomprensibile alla sola mente, che è quello prettamente artistico. L’uomo è imperfetto e proprio a causa di ciò è costretto a ricorrere a queste forme di illusione.
Sicuramente quello di Tansillo nel testo delle Lagrime di S. Pietro, è l’inevitabile percorso dell’uomo razionale che vive l’illusione di poter contemplare tutto nel suo linguaggio poetico, che servendosi di simboli, metafore, aforismi cerca di descrivere, con il rischio della contraddizione, quell’impalpabile sensazione e quelle forti e contrastanti emozioni di condanna, amore, paura e vergogna che l’incrocio degli sguardi tra Cristo e S. Pietro provoca. Il linguaggio verbale, per quanto poetico, però non arriva da solo a trasmettere l’emozione più profonda e autentica in esso contenuta e, anzi, meno una cosa è sottoposta ad una indagine intelleggibile e più è rispondente alla verità. Bisogna spogliare l’uomo del suo bagaglio troppo razionale, soffocante, deviante che causa l’incomprensione, o la parziale comprensione di quel tuo stato d’animo intimo e vibrante.
Occorre operare questa educazione mediante strumenti più simbolici attraverso suoni, attraverso la pittura, la danza e tutte le arti che ti costringono a non avere un approccio puramente cerebrale sull’oggetto in questione, ma un contatto più diretto facendo appello ad altre qualità che non si risvegliano se non c’è amore. L’amore è un aspetto divino che ti sconvolge, ti mette in subbuglio, perchè ti senti trasformare, le tue fibre si trasformano, la tua mente resta inerme L’amore è lo sguardo di Cristo che ti infiamma; è lo spirito che unisce la natura dell’uomo alla cultura da lui stesso partorita; è il fuoco: simbolo della trasformazione che rende manifesto lo spirito.
Su questo piano l’apporto di Orlando di Lasso, con la sua composizione musicale, diventa un contributo necessario alla comprensione degli stati emotivi evocati dalla poesia di Tansillo.
La forma della sua composizione, se pur nella dimensione spazio-tempo limitata, ha al suo interno, se lo ascolti attentamente, un movimento a spirale che esprime una circolarità infinita, dove tu percepisci un tempo che scorre sia in una direzione ma anche nella direzione opposta, perché, come nelle raffigurazioni di Escher, ogni volta ritorna un qualcosa che c’era prima. E’ un po’ come vivere nel presente il passato e nel passato il futuro che sarà il presente diventando, ciascuna delle tre dimensioni temporali, un’unica realtà, come già S. Agostino ebbe modo di constatare trattando, appunto, del tempo.
IL SIMBOLO
Voglio fare una riflessione su quello che rappresenta il simbolo per ciascuno di noi, l’idea che abbiamo. Tutto quello che vogliamo realizzare è dire qualcosa ma non con le parole, non con i significato del discorso logico, verbale. L’obiettivo è di parlare veramente noi attraverso i simboli, non parlare attraverso il linguaggio specifico. Significa scardinare le regole del linguaggio stesso razionale che lo estendiamo al punto di sottomettere la stessa musica alle sue regole. Far parlare degli oggetti che altri non riescono; si interrogano. Però il nostro far domande condiziona la risposta perché io mi aspetto una risposta implicita, difficile evitarlo. Lasciarsi guidare solo da ciò che la musica esprime sul piano emotivo. Ciò che è illogico su un certo piano diventa logico sul piamo emotivo. Va fuori dal razionale, domanda risposta. Come possiamo trovare la razionalità nell’irrazionalità. L’emozione sfugge a qualsiasi tipo di comando, ma si può agire attraverso il linguaggio simbolico.
EMOZIONE qualcosa che mette in moto (muovere con = emozione) deve creare un movimento che non può essere espresso con parole. Il nostro linguaggio è la negazione dell’emozione. Man mano che noi parliamo dobbiamo reprimere l’emozione. L’uomo ha inventato l’arte, in particolare la musica proprio per esprimere l’emozione.
LA PAROLA è sia fonema che semantema. La parola è suono, è semantema perché riporta a qualcosa d’altro, a livello mentale.Quindi noi usiamo la voce con una duplice funzione. Questo è il problema. L’unico strumento per comunicare a livello razionale è il linguaggio. Lo si fa usando la parola che è appunto un fonema, il quale però è la radice prima dell’emotività. La parola ha bisogno del suono, fonema. Nel canto si deve fare i contI con questo duplice aspetto che convivono in modo conflittuale. La voce per esprimere idee e concetti però al contempo è anche espressione delle nostre emozioni e quindi nella comunicazione sociale devo reprimere la mia parte emotiva. Se ci emozioniamo rischiamo di rimanere senza voce. Il linguaggio si esonera da situazioni di forte tensione emotiva dove ci si riduce a puro suono. La voce, più che il canto deve fare i conti con questa situazione, che mi condiziona nella limitazione del coinvolgimento.
EPISTEME
Oggi si può considerare una cosa vera una cosa che non può essere spiegata. Cioè meno una cosa è sottoposta ad una indagine intelleggibile e più vera è, più vai a cogliere questo nucleo di verità. Il Filosofo Michel Foucault ha fatto un’ indagine sul percorso storico della parola greca EPISTEME, che noi oggi traduciamo con scienza ma che dal V secolo a.c. al V d.c.(fino a S. Giovanni Crisostomo) era usata per indicare la VERITA’, verità trascendente. Oggi per noi la verità è quello che dice la scienza, ma dietro il termine episteme c’è sempre la ricerca della verità che è cambiata nei secoli. La chiesa, gli scritti del Cristianesimo, dopo il V secolo d.c. (consiglio di Costantino 313) ha abbandonato questo termine Episteme, la verità che trascende (per i greci la verità la puoi avere dalla ricerca, la filosofia è ricerca), dicendo che la Verità ti è rivelata, confondendo così l’uomo che si è adagiato aspettando la rivelazione di Dio. Può essere vero che la Verità ti può essere rivelata, ma non è detto che tu non la devi cercare, spetta a te la ricerca. Poi con il razionalismo, dopo il settecento, da Kant in poi, è stato messo in discussione pure questa modalità e quindi la verità te la può dare soltanto la scienza. Oggi siamo vittime di questo concezione. La scienza è ricerca fisica, quando sconfina verso il metafisico, tace o esclude o aggira l’ostacolo. E’ importantissimo ripristinare l’importanza della ricerca che si basa non esclusivamente su elementi fisici, ma che rivaluta una cerca metafisica. La chiave di tutto questo è una ricerca di un linguaggio che ci permette di comunicare sul piano metafisico. E’ il linguaggio simbolico, quello artistico. Ripercorrere le varie arti, la loro fusione, traendo una sorta di linguaggio incomprensibile, chiamiamolo così, che è quello prettamente artistico. Saper entrare nel linguaggio simbolico per entrare in contatto con una realtà metafisica, e non solo fisica, rasentando quella che per noi è la verità. Le arti sono già un linguaggio simbolico, ma noi con la nostra mente razionale, traduciamo questo linguaggio simbolico in qualcosa di fisico. Noi possiamo raccogliere una essenza che non ha nome. Noi dobbiamo ritornare a quell’essere. C’è una differenza fra analizzare l’essere di un ente o l’ente nel suo essere. La scienza prende l’ente e lo studia nel suo essere nel suo divenire. Noi vogliamo capire l’essere dell’ente, non dare per scontato l’ente nel suo divenire. Cogliere quello che è l’essere dell’ente senza confonderli con l’ente, per capire l’essenza che c’è in tutte le cose. Noi siamo schiavi del nostro linguaggio, che ci condiziona come struttura mentale, sicchè anche il nostro pensiero anche se è muto in verità obbedisce alle stesse regole del nostro linguaggio, più o meno. Anche il mio pensiero, processi logici ecc, ragionamenti, che dipendono dalla struttura del linguaggio che io ho assimilato, che ho dentro di me. Quando io mi concentro su un ente qualsiasi, io mi concentro più sull’ente, non sul suo essere.
Maia significa illusione, Quella che viviamo noi, illusione, oggi si nasconde sotto un termine insidiosissimo che è cultura. Noi uomini abbiamo una natura, neutro, unità, Dio, ciò che esiste. L’uomo fa il suo ingersso nella natura e per sopravvivere, in quanto imperfetto, si fa una cultura che gli permettere di vivere nella natura. Sembra una contraddizione di termini. La cultura è una seconda natura, una seconda, una terza, natura supplementare. Confondiamo la natura con la cultura. Dobbiamo stabilirne il confine. Siccome siamo incapaci di cogliere la natura nella sua essenza, creo una mia cultura. Mi allontano dalla natura per poi avvicinarmi . Più elementi inserisci in te, più dopo questi elementi devono tendere alla fusione, ritorno alla semplicità, silenzio, per rivivere lo stato di natura. Edipo insegna che devi passare tutte le fasi della vita, uccidendo una parte in te per crescere, devi sacrificarti, la condanna di non poter stare fermi sacrificando una parte che cerca di cristallizzarsi. Molte persone hanno fasi di cristallizzazione diversi. I complessi derivano dalla incapacità di sacrificare una parte di te. Ti trovi in uno stadio della tua crescita in cui ti troivi particolarmente bene. Questo succede alla stragrande maggioranza di persone. La società ti offre innumerevoli opportunità di Maia, di queste illusioni, religione, sette, denaro, prestigio. E’ invece un cammino la vita. Il bambino da i primi approcci già fa cultura, crea una seconda natura. Interessante ribadire quella che è l’antichios spaideia l’educazione circolare, formare un tipo di uomo completo, versato in tutte le discipline, simbolizzato da Ermes, divinità della metamorfosi continua, da cui deriva ermetico, qualcosa che nasconde una certa verità. Continua metamorfosi. Ermes non a caso è il padre di tutte le arti. La metamorfosi mette in discussione quello che sono i vari principi di eguaglianza, di non contraddizione, di identità. Nell’arte ho la dimostrazione lampante che non sempre A è uguale a A, mutazione continua, non c’è mai identita, non esiste identità in natura.(Venezia e Bisanzio di Nocols).Non cadere nell’errore di comunicare nell’educazione circolare con il linguaggio razionale.
La nostra difficoltà sta nel cercare, elaborare questo linguaggio incomprensibile (solo sul piano razionale), adattare quindi alle nostre esigenze, alle nostre capacità e possibilità, al nostro essere contingente. Elaborarlo in modo che si presti sempre, come il simbolo, a interpretazioni anche contradditorie. (Le metafore, le allegorie, i miti) Progetto Bach, Bach è colui che realizza questa situazione di circolarità, di ritorno su se stessi, di ciclo infinito. La ricerca sia verso questo tipo di linguaggio tratto da metafore, miti, da musica, dalle varie arti. Nel laboratorio non si parla, come facevano gli ermetici, Paracelso. Elaborare delle frasi in cui vuoi esprimere qualcosa di tuo, però è qualcosa che riguarda la tua essenza, e il linguaggio razionale non può esprimerlo, pena la deviazione, la incomprensione, o la parziale comprensione di quel tuo stato d’animo. Dire delle parole così sconnesse e trasmettere questo tuo bisogno interiore che il linguaggio non può esprimere, attraverrso suoni, attraverso la pittura la danza, tutte le arti che si adattano. Se tu leggi attentamente un libro ti accorgi che si può contraddire, termini usati per significare cose diverse. Semplifichiamo troppo i termini del linguaggio. Diamo troppo poco peso alla parola, uso della parola con estrema parsimonia, perche più ne uso più rischio di contraddirmi. Bastano gli aforismi, poche frasi e lasciare che risuonino. Non siamo più capaci di far risuonare la poesia. Ecco perchè noi possiamo ritornare alla semplicità del bambino dopo aver fatto un lungo percorso, perchè solo allora noi osservando un foglia o una goccia una semplice cosa. possiamo proiettare tutto il mondo che è dentro di noi, i simboli. Il bambino non può perchè è ancora la goccia. Noi possiamo riflettere tutto il nostro essere. Anzi così più semplice è il nostro oggetto riflettente e più facile è che rifletta tutto ciò che è dentro. Se la forma è complessa mi condiziona in modo specifico. La complicazione di Bach la vivo sul piano percettivo molto semplice. Il dipinto in cui Bach tiene in mano un triplo canone, breve frammento, composto per entrare in una accademia di scienziati e letterati, dove occorreva una creazione nel suo campo che illustrasse le capacità. Lui ha composto sei righe, un triplo canone semplicissimo ma dove c’è dentro un mondo complicatissimo, un calcolo incredibile, anche se quelle che si percepisce è una semplicità sconcertante. La forma è qualcosa che limita nel tempo e nello spazio, noi dobbiamo lavorare sulle forme finite come quelle di Escher dove dentro cogli la circolarità infinita. All’interno di questa forma che è chiusa creare la possibilità di una spirale infinita all’interno di questa, una circolarità infinita, dove tu percepisci un tempo che va sia in una direzione ma anche nella direzione opposta, perchè ogni volta ritorna un qualcosa che c’era prima. Solo così che puoi vivere nella dimensione tempo in modo più reale, non si può pensare di andare sempre in una direzione, come vuole la scienza, questo è l’istinto che ci porta. Vivere nel presente in pratica, passato, presente e fututo diventano un’unica cosa. L’uomo è imperfetto e proprio per quello è costretto a ricorrere a queste forme di illusione. Ho scoperto che il termine cultura si addice benissimo. Libro di Levy Strauss Il crudo e il cotto in cui si dice (i miti antichi del sud america) che il crudo non è altro che la natura, il cotto è un processo culturale, di sopravvivenza. Non puoi cibarti sempre di crudo altrimenti ti ammali. Si cuoce per non ammalarsi, i primi carnivori dovevano cuocere la carne o il pesce per non intossicarsi del cibo avariato. Tra il crudo e il cotto c’è una fase che gli unisce: il fuoco, che acquista questa sua caratteristica spirituale, sembra quasi che il fuoco è lo spirito dello spirito, che unisce la natura alla cultura, ovvero il crudo e il cotto, che è frutto della cultura dell’uomo. Nessun altro essere si ciba del cotto, simbolo della nostra cultura. Fuoco simbolo trasformatore, che trasforma. Prometeo lo ruba alla divinità per darlo agli uomini. Elemento divino, è l’amore. Si dice Ti sei preso una cotta, sei cotto che ti sconvolge, ti mette in subbuglio, perchè ti senti trasformare, le tue fibre si trasformano, lo senti proprio. E questo lo provi pochissime volte nella vita, dura poco perchè ti bruci, è l’elemento spirituale, è uno spirito, sei stato baciato dalla natura in quel momento. Il Cristianesimo ha tradotto questo con amore. Il segreto è ritrovare nell’uomo quella capacità di amare veramente. Questo amore si incunea fra natura e cultura. Ecco perchè insisto nel riuscire a trovare quella zona di confine fra natura e cultura, perchè li scopriresti il fuoco che unisce, che nell’arte culinaria è il fuoco materialmente, ma nell’uomo è l’amore, che è lo spirito che unifica. Nella trinità cristiana, quello che unisce è lo spirito santo, elemento importante da capire. Dopo l’adolescenza si vive più sul piano culturale. Nelle mitologie antiche si parla del cibo che putrefà e quello che ammuffisce. In pratica noi viviamo questo sul piano spirituale, tendiamo ad ammuffire, perchè non riusciamo più a ripetere una esperienza di natura, che non si può lasciare sempre in quello stato e occorre la cottura per vivere l’esperienza di unificare questi due processi. Si può dire che oggi si vive più sul piano cottura che natura, infatti lo dimostra la nostra società consumistica, cibi confezionati, cibi surgelati, scatolati, non è altro che privare l’uomo di questa esperienza meravigliosa. Sul piano culinario e poi sul piano umano. Nietche l’aveva scoperto, voleva far tornare l’uomo nella situalzione cruda da poter rivivere. Lui ha un pò esagerato in quella direzione, non ha insistito sull’elemento fuoco che è l’amore, perchè questo concetto di amore il cristianesimo l’aveva così corrotto, aveva dato una versione così stravolta, privandolo della spiritualità, per cui lui stesso sarebbe incorso, pronunciandola, nell’accezione data dal cristianesimo, o romanticheggiante amore passionale. Nell’adolescenza la cotta avviene per l’altro sesso, legge della natura per unire l’uomo alla donna; nella vecchiaia invece l’unione è uomo-dio. Ecco perchè per un periodo c’è tutta quella letteratura della proiezione con la Madonna, esaltazione della figura femminile, è l’esaltazione in pratica, anche in Goethe con il Werter, dove hai l’immagine della passione cocente di un adolescente. Tu però non puoi ripetere quell’esoperienza perchè sennò resti adolescente tutta la vita. La tua unione non è più sul piano carnale con una donna, ma più sul piano spirituale, Madonna e poi il vertice che diventa la tua unione con Dio. E’ li che devi trovare quell’amore verso Dio, sicuramente è molto più bruciante di quella cotta giovanile. La cotta per la Madonna nasconde quella cotta giovanile. Mascherata per non renderlo volgare, per non darlo in pasto al paganesimo, che era ancora dilagante nel 1200, 1300. E’ in quel periodo che viene rivalutata la figura femminile, coi trovatori coi minnesengher. Il cantare questo amore, questa fiamma, però proiettata spiritualmente, simbolizzata, non poteva essere carnale. La fiamma vicino al cuore, il sangue è rosso, quando Goethe nel Faust Mefistofele viene su dagli inferi e chiede a Faust di firmare con il sangue, perchè voglio appropriarmi del tuo io, che è contenuto in ogni cellula del tuo sangue, elemento unificante con l’interno e l’esterno portando l’ossigeno alle cellule, al cervello al cuore che pulsa.
Bisogna disarmare l’uomo del suo bagaglio troppo razionale, soffocante, operare questa educazione mediante strumenti più simbolici che ti costringano a non avere un approccio razionale sulla cosa, ma più diretto facendo appello ad altre qualità che non si risvegliano se non c’è amore. Il simbolo non lo alimenti se non lo ami. Componente emotiva, emozione molto sottile. Avviene un processo molto particolare come se tu dallo stato di cultura fai una regressione allo stato di natura tornando a vivere questa dimensione olistica, appartenere alla natura. Stato di ebbrezza che gli orientali per ritrovarlo usano delle droghe che può essere utile ma anche pericoloso se c’è abuso. Può servire come spinta, ma è pericolosa perchè ti impigrisce, non puoi più metterti in moto da solo.
Il passaggio dalla natura alla cultura lo facciamo una volta sola nella nostra vita, quando nasciamo, poi nella direzione di acculturamento ogni tanto ci sono queste fasi in cui la vita ci dà questa opportunità, fasi che la psicanalisi ha individuato come legate alla sfera sessuale prima e poi ad altre dimensioni, in cui noi ritorniamo allo stato di natura per poter riprendere di nuovo. Nella nostra società ci siamo immobilizzati, ci siamo fermati, viviamo in questa circolarità senza fare questo percorso. Inconsciamente lo avvertiamo per cui la nostra vita diventa frenetica, corriamo come pazzi, di fretta ma sentiamo una carenza perchè andiamo contro natura a causa della cultura, quindi noi cerchiamo nella cultura una compensazione della natura, prendendo questa via frenetica. Ci accorgiamo inconsciamente di essere fermi. Più ci muoviamo in quella direzione più fermi stiamo. Questa ciclicità che è data dal sole, dalla luna, i due metalli nell’alchimia, oro e argento che mediante la fusione arrivi alla pietra filosofale, che è un po questa ricerca che facciamo noi, alla ricerca del nostro essere del nostro io. Noi siamo dei pellegrini, in viaggio.
Noi ci introduciamo nel mondo fatto di cultura attraverso questi tre stadi di astrazione: quello fisico, quello di tipo matematico e l’ultimo è ontologico o afferente. Dire: ho afferrato. Significa che ho fatto una gran sintesi. E’ simbolico; non è niente dal punto di vista fisico, materiale o numerico quantitativo, però tu sei riuscito a farti un’idea, a farti una struttura. La cultura procede su questo triplice binario. Ecco perchè noi snaturiamo la natura.
Il presente diventa passato e futuro nello stesso tempo. Solo l’animale vive il presente, cioè il qui e ora, perchè l’animale rispetto l’uomo è più idoneo all’ambiente che lo circonda. L’uomo non può vivere come l’animale nel qui e ora, nel presente. L’attimo deve essere eternalizzato in un certo modo, punto di convergenza del passato e del futuro, invece per l’animale il passato non c’è, lui agisce sempre alla circostanza contingente, invece noi agiamo grazie ad un passato che abbiamo alle spalle e ad un futuro che ci prefiguriamo o che ci immaginiamo più o meno delineato a grandi linee. Sono stati fatti degli esperimenti sugli animali, loro agiscono nello stesso modo non grazie ad una memoria, ma solo, perchè si verificano le stesse condizioni, mentre noi possiamo reagire allo stesso modo in condizioni completamente diverse, grazie a questa memoria, alla cultura. l’animale si ricorda di te attraverso l’odore la presenza, senza di cui non si ricorda più di te. Non ha il potere di rivivere esperienze passate senza ritrovarsi dentro. Vivono nel presente stimolati da segnali che lo fanno vivere attimo per attimo. L’uomo non vive nella natura, ma vive nella sua cultura, in questa doppia natura che ci creiamo, che facciamo a nostra misura, ognuno di noi ha una sua cultura, che ha punti di contatto con tutti gli altri ma è sua alla fine. Ed è questa natura supplementare che noi ci creiamo. Il linguaggio è sorto come frutto di questo processo di cultura, infatti l’uomo appena nato non conosce il linguaggio, se lo forma dopo. Infatti è lo strumento più atto ad esprimere la propria cultura. L’animale non sa parlare proprio perchè non avviene questo processo. Questa è la visione antropologoica. Noi non possiamo vivere nel presente come l’animale, ma solo quando il presente è passato e futuro allo stesso tempo. La nostra stessa struttura corporea è fatta così: ho il passato alle spalle, non vedo, e vedo sempre avanti. Inverità io davanti sono cieco perchè non so cosa avverrà, invece so cosa è avvenuto di dietro che non vedo più. Noi viviamo questa situazione paradossale. Ecco perchè noi viviamo nell’illusione, perchè noi diciamo da come camminiamo, io vado avanti, e poi da come siamo fatti, gli occhi guardano sempre davanti. Ma noi non sappiamo cos’è il futuro. La natura ci ha dato questi sensi che ci permettono di vedere ma in modo circoscritto, limitato. Comunque non coincide con il futuro. Il nostro errore è quello di pensare al futuro in base a quello che vediamo. E un nostro limite, non è così. Cosa può capitare dopo, chi lo sà? Certo è che l’uomo si organizza in modo che il futuro sia sempre prevedibile, perchè altrimenti va via di testa, ragioni di sopravvivenza. Si crea la società, il gruppo per le sue esigenze, perchè è molto debole, imperfetto, manchevole infondo. Proprio per questo sviluppi questa capacità non di adattarti all’ambiente come si pensa erroneamente , ma di adattare qualsiasi ambiente alle sue esigenze. Non è che io mi adatto al deserto, ma io adatto quella zona del deserto alle mie esigenze. Devo coprirmi, devo cercare l’oasi, ecc. Quella è cultura, mi creo un’altra natura.
Gli obiettivi sarebbero quelli di creare momenti di questo tipo, di formulare un linguaggio capace decrivere i momenti che generano. Ti rigeneri, Così come ti alimenti, hai bisogno di qualcosa di crudo che la natura lo cuocia, così per alimentarti spiritualmente hai bisogno di alimenti sensazioni, esperienze…tutto. Educazione circolare, simbolizzata da Ermes. Questa metamorfosi, cioè la capacità di rigenerarsi. in un certo qual modo. Che questo si verifichi sempre più spesso. Come gli armonici, arrivi alla fine quella frequenza acutissima, anche le formanti rientrano in questo processo.
Le opere d’arte che hanno il fuoco, sono una parte di te che partorisci, opere vive a differenza delle altre che sono marce, senza vita, linfa vitale.
L’esecutore ha questo potere di rivitalizzare la musica. Pochi interpreti hanno la capacità di ridestare questa estasi in te. L’evento musicale deve essere il punto di arrivo di un qualcosa, dove tu finalmente sei arrivato a quel stato estatico e allora trasmetti l’estasi attraverso i suoni, il cibo, l’arte, il sesso, però non lo trasmetti se non lo provi. L’interprete ha una responsabilità in questo senso. La comunicazione avviene se c’è l’elemento unificatore che è il fuoco, fra due entità. Questo terzo elemento è unificante i due processi. Il cristianesimo ha detto da sempre che è l’amore, cioè l’unione di due elementi è possibile attraverso l’amore, fuoco. Il cristianesimo però non ti insegna come predisporti all’amore. Ti insegna come essere debole. (La fede è un’arma a doppio taglio, o subordinazione ad entità che non conosci, o fede rivalutando la mia interiorità, forza incredibile, invece il cristianesimo ti impone la fede come subordinazione, questione di potere.)
Poche parole, ma con forte significato simbolico, come lo zen.
Funzione dell’autoorganizzazione: quando noi cominciamo a parlare le nostre parole si autoorganizzano e diventano un’entità autonoma rispetto al nostro essere, cioè noi perdiamo il controllo cosciente sul piano sintattico, diventa un processo automatico. Più automatico è più autonomo diventa rispetto alla tua coscienza, diventa incosciente. Il gesto abituale diventa un gesto incosciente, cioè diventa qualcosa di autonomo che prende vita.Noi generiamo discorsi. Quando parliamo proviamo un piccolo stato di estasi. Noi generiamo e si autoorganizza il discorso. Non dipende più dalla nostra coscienza. Questo processo si deve indagare, senza mai farsi prendere dal sapravvento. Gurdjeff insiste moltissimo, il ricordo di se consiste nel fare in modo che tutto il tuo pensiero, il tuo gesticolare, i tuoi discorsi, le tue parole non diventino un’entità staccata dalla tua coscienza, deve sempre tener tutto sotto controllo. Per poter far ciò devi poter cominciare a piccole dosi, per avere controllo su di te, per sviluppare e potenziare un certo tipo di memoria, non nozionistica, ma memoria del tuo essere. Se tu tieni vivo il ricordo di te, vivi nel tuo essere, invece noi viviamo sempre nell’illusione di essere. Si potenziano così molto certe tue capacità di concentrazione ecc. Non so dove porti, bisogna sperimentarlo. Noi viviamo due situazioni, qui e ora lo viviamo come frutto di un passato, che ti condiziona il comportamento futuro, di conseguenza noi siamo frutto di tutto un passato e di un futuro che ci costruiamo mano a mano, però l’elemento contingente è anche importante, noi lo trascuriamo, non teniamo conto di fattori che stanno avvenendo in questo momento, tendiamo ad escluderli e far tesoro solo del nostro bagaglio e dell’obiettivo che mi prefiggo. Questo non mi fa vivere un’emozione del qui e ora, tende a farmi vivere sempre nell’illusione, del passato che mi creo e del futuro che mi immagino. Mentre invece vivere a contatto con quello che sta succedendo è molto importante, perchè così vivo molto presente in me. Certo non sempre così, ma devo rivalutare questo momento, altrimenti rischio di vivere nell’illusione perenne e quindi mi rimastico sempre le stesse esperienze, senza poter trarre da fattori contingenti elementi di crescita di apprendimento o altro. Filtro tutto con quello che io mi creo. Le cose ripetitive ti annullano il controllo di te. Gli orientali hanno imparato attraverso la ripetizione di modelli sonori a raggionfgere uno stato di euforia, quell’estasi particolare, invece noi con il nostro pensiero viviamo sempre nello stesso circuito, che è molto forte perchè si autoorganizza e sopraffa il nostro essere stesso, il nostro agire. E da qui l’incapacità di cambiare abitudini, di raggiungere certi obiettivi che tu vuoi. Tutto questo sistema di eventi si sono così rinforzati che sono diventati più potenti di te. Poteri non indifferenti di autocontrollo e di controllo, sul piano biologico, dell’organismo, sul piano delle idee, ecc. Il rumore è un elemento di autoorganizzazione, Le nostre parole sono parole dotate di significato grazie alla cultura. Se noi elaboriamo dei rumori che non hanno senso di tipo razionale ecco che scatta un processo di autoorganizzazione. Osserviamo cosa succede, per capire questo processo. Se tu ascolti la musica di Bach, questi canoni, non ti accorgi che è un canone, che è un moto retrogado, però comunque la tua mente qualcosa percepisce, che mi costringe a prendere quei suoni e a organizzarli in qualche modo percettivo, ………oppure lavorare sul processo di autoorganizzazione dei rumori, farci vivere una situazione di fusione. Se tu prendi il rumore come elemento di autoorganizzazione a un certo momento dovrebbe instaurarsi una fusione, un gruppo di rumori che serve per fondere un gruppo di elementi. Quei rumori si sono autoorganizzati nel silenzio e hanno creato in noi una fusione. In un gruppo puoi creare una fusione tra gli elementi attraverso anche eventi sonori, ma tutti questi eventi non devono essere organizzati razionalmente perchè altrimenti non avviene fusione. Se io sono in un gruppo e dico la mia frase, ognuno dei presenti da la sua interpretazione. Invece se io introduco in questo gruppo degli elementi apparentemente caotici lavoriamo su quelli fintanto che arriviamo ad uno stato di equilibrio. Li raggiungiamo la fusione (nel tuo caso della meditazione era il silenzio che vi unificava) Questa autoorganizzazione tende al semplice, dal caos all’odine processo inevitabile.
TEMPO ESCATOLOGICO
L’atteggiamento dell’uomo è quello di esperimentare il tempo escatologico della fine della vita terrena, che non va verso la morte ma verso la salvezza.
Il gregoriano esprime un flusso continuo. La polifonia è l’amplificazione del tempo sincronico. Diacronicamente segue lo stesso percorso che viene amplificato dalla scrittura polifonica. Questo è il Tempo di Cristo. Prima si credeva in un eterno ritorno, ma Xsto dice che non c’è ritorno: si passa dalla vita terrena a quella celeste. S.Agostino teorizza questa unicità del percorso personale. Nulla ritorna. Qui nasce il libero arbitrio. Atteggiamento morale. Si passa dall’Inferno al paradiso . Ascesa verso le stelle. L’uomo è destinato a risplendere come le stelle. La chiesa per aprirsi alla mentalità popolare dei fedeli introduce la ripetitività La rinascita quotidiana dal sonno ti illude. Xsto è inesorabile, ma non porta al nulla come il nichilismo, ma irreversibilmente verso la redenzione, bene supremo. L’ateismo porta al nulla. La vita è un continuo atto di fede. Si cerca di dimenticale l’invecchiamento con l’accelerazione del vivere. In oriente con la lentezza si cerca il TAO, con la contemplazione.
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